Il Presidente De Luca e a Festa di “Allouin”
L’Italia fu un Regno indipendente – al pari delle altre nazioni (oggi) “normali” d’Europa - e questo sino all’arrivo dei franchi di Carlo Magno. Una propaggine, ebbe ancora lunga vita (sino alle Crociate) dalle parti del governatore, il cosiddetto Ducato di Benevento. Dagli scritti del protomedico Pietro Piperno sappiamo che...
Evidentemente il governatore De Luca deve essere uscito di “senno” quando si è lanciato su una ben nota sagra millenaria del Beneventano (Allouin) tacciandola di “americanata” e di “imbecillità”. Sconsigliato anche “‘o cuorne” ad essa intimamente legato, evidentemente l’ultima moda dei ragazzini di Detroit. Rimarrebbe sorpreso nello scoprire – deve aver avuto un’infanzia infelice, alcuni decenni fa –che chi veniva di notte a portargli il carbone non era sua nonna, né sua zia e neppure sua mamma: bensì la protagonista indiscussa della Festa di Diana, la Béfanìa – sulla quale, a differenza dei Saturnali, dubbi non ne sussistono e abbiamo un “piccolo ruolo protagonista” persino noi italiani (al pari dell’Etiope, benché un po’ in chiaroscuro) del grande best-seller dei 4 Evangelisti.
Il cosiddetto “capodanno celtico” non è una “data”, ma si lega a un preciso ciclo e in Campania è sempre stata festeggiata, ininterrottamente, da molto prima dell’Ab Urbe Condita, figurarsi della sua elezione a governatore. Naturalmente, sussisteva una sorta di “coprifuoco” prima della presa della Bastiglia (data, che comunque, a differenza di altre andrebbe anche digerita) per cui erano centinaia, a volte migliaia di campane “janare” a festeggiarlo (e, in rari casi dalle sue parti, a finire sul rogo al crepuscolo di tale esperienza).
L’Italia, infatti, fu un Regno indipendente – al pari delle altre nazioni (oggi) “normali” d’Europa - e questo sino all’arrivo dei franchi di Carlo Magno. Una propaggine, ebbe ancora lunga vita (sino alle Crociate) dalle parti del governatore, il cosiddetto Ducato di Benevento. Dagli scritti del protomedico Pietro Piperno sappiamo che i Longobardi pur formalmente convertitisi al cattolicesimo, non rinunciarono alla loro religione tradizionale pagana. Sotto il duca Romualdo essi adoravano una vipera d’oro (forse alata, o con due teste). E nei pressi del fiume Sabato i Longobardi erano soliti celebrare in onore di Wotan, loro padre degli dei: veniva appesa, ad un albero sacro, la pelle di un caprone.
Ancor prima, la stregheria italica (la più antica d’Europa, effettivamente ben più dei gaelici) faceva risalire il proprio “lignaggio” dalla Sibilla Cumana (che sta, appunto, in Campania) e alla quale tutta Roma, al pari forse solo degli Etruschi (anch’essi misteriosi, e nelle propaggini più raffinate, come i greci e come i longobardi, presenti – soprattutto - in Campania), rendeva onore, non senza una certa soggezione.
Pertanto dovremmo forse smetterla, con un regionalismo che del Federalismo ha ben poco, con certa “disamistàde” tra neo-celti, neo-etruschi, neo-longobardi, neo-greci o quant’altro e riconoscerci solamente come italiani del XXI secolo.
Chiudere, può andare bene, perché no. Ma non credo che nessuno abbia offeso la “Pasqua” (e, in Italia, c’è gente per cui l’offesa equivale, e tanti sono giovani e giovanissimi – e io mi voglio mettere, a Sinistra, dalla loro parte) con la “sospensione” della “santa” medesima. Che, prima della Democrazia Cristiana avrebbe provocato un sollevamento popolare e che oggi ha fatto “marciare” soltanto alcune decine di “imbecilli” d’estrema destra, nipotini del Delle Chiaie (che in Cile conoscono bene e vorrebbero un po’ tutti arrestare, ma valgono solo “i Battisti altrui”, fosse mai risultassero anche i “nostri”) per le strade della Capitale.
Lorenzo Proia