INTERVISTA IN ESCLUSIVA AL PRESIDENTE NAZIONALE DI CONFIMI INDUSTRIA PAOLO AGNELLI
Ho il piacere di intervistare l'Imprenditore Paolo Agnelli industriale bergamasco di terza generazione, con due figli entrambi impegnati nel Gruppo Agnelli.
Insieme al fratello Baldassare guida oggi l’omonimo Gruppo, che comprende 13 aziende ed è leader nel settore dell’estrusione dell’alluminio, delle pentole professionali e ha interessi nel campo dell’editoria, della finanza e dello sport professionistico e dilettantistico. Complessivamente il Gruppo Agnelli occupa oltre 350 persone con un fatturato nell’anno di circa 150 milioni di euro.
La famiglia Agnelli è una delle più vecchie famiglie di imprenditori bergamaschi. La prima azienda del Gruppo, la Baldassarre Agnelli S.p.A, data la sua fondazione nel 1907. Nel 2017 il Gruppo Agnelli ha festeggiato i Centodieci anni di attività.
Socio Fondatore e Presidente di Confimi Industria – Confederazione dell’Industria Manifatturiera e dell’Impresa Privata. Presidente di Confimi Apindustria Bergamo. Consigliere d’Amministrazione presso ISPI – Istituto per gli studi di politica internazionale. Componente di Giunta del comitato unitario bergamasco di Impresa&Territorio. Consigliere di Promoberg. Presidente della Fondazione Angelo Agnelli.
Presidente Agnelli come giudica le manovre messe in campo dal Governo a sostegno delle aziende? Vanno nella giusta direzione o servirebbe qualcosa di diverso?
Così come le bozze che lo hanno preceduto, il DL Liquidità pubblicato in gazzetta sembra far emergere come lo Stato non voglia aiutare le piccole e medie imprese. Perché vengono decantati 400 miliardi di aiuto ma non si emetto denaro, bensì garanzie.
Le aziende sono chiuse ormai da 3 settimane e hanno bisogno di credito che invece, ancora una volta, è soggetto a Bruxelles prima e ai parametri di merito degli istituti di credito poi. Praticamente chi riuscirà ad accedere agli aiuti non lo farà prima di un mese. Le piccole e medie imprese erano in affanno già prima del dell’emergenza sanitaria divenuta ben presto emergenza economica, e ora sono al collasso. Non garantirgli liquidità nell’immediato, vorrebbe dire farle chiudere definitivamente. La tempistica non è marginale in questo frangente. Sarebbe un segno di trasparenza conoscere i tempi di realizzazione delle misure previste, una sorta di bollettino governativo.
Cosa crede sia necessario fare per attivare la famosa FASE 2 con la riapertura delle attività e delle imprese?
È tempo di far ripartire le attività produttive. Solo loro al momento. Bisognerà tenere ancora chiusi i luoghi di ritrovo come bar e ristoranti, ma se non vogliamo andare a fondo, dopo il 14 aprile le imprese dovranno ricominciare a produrre. Ritengo però che la selezione delle attività non può avvenire con elenchi di codici ateco, si creerebbe solo nuova confusione e, è ormai evidente a tutti, il sistema produttivo è totalmente interconnesso. Si intensifichino le procedure e le prescrizioni igienico-sanitarie.
L'industria Manifatturiera che rappresenta Confimi come si stà attrezzando per affrontare lo scenario economico che si stà delineando per i prossimi mesi?
C’è una grande voglia di ripartire, è palpabile. Ma inevitabilmente ci sarà una selezione naturale. L’ennesima. Di certo non si può pensare che si riparta da soli, ci vuole la volontà di tutti gli attori, governo e istituti di credito.
Il Nord produttivo è quello che più è stato colpito duramente da questa situazione, Lei da Imprenditore Bergamasco, provincia che sta pagando uno dei prezzi più alti alla pandemia per vittime e per situazione economica, che messaggio vuole lanciare al Mondo delle Istituzioni Regionali e Nazionali?
È sempre più evidente la distanza tra le regioni e il governo centrale, che tenute taciute all’inizio stanno via via emergendo. Se le istituzioni fossero in grado di vedere le difficoltà in cui versa il tessuto economico avrebbero messo in pratica azioni e misure del tutto diverse.
Cosa è emerso dal confronto con le parti sociali voluto questo pomeriggio dal premier Conte?
Ci è stato annunciato un probabile prolungamento del lockdown, almeno fino al 3 maggio, con alcune probabili aperture regolate mediante codici Ateco ma solo passate le festività pasquali. Io per primo ho sempre difeso e a più riprese ribadito come la salute venga prima. Ho voluto però far presente al primo Ministro che non possiamo più accontentarci di non risposte vacue. Abbiamo bisogno di previsioni dettate da una strategia economica perché al contrario della politica noi industriali non possiamo giustificarci con i clienti internazionali con un "ancora non sappiamo", rischiamo di perdere le commesse e la faccia.