Ue, i ritardi nelle certificazioni dei dispositivi medici.
Il tedesco Jens Spahn ha sottolineato che solo due società di certificazione private, note come "organismi notificati", sono state autorizzate a trattare le licenze di sicurezza dei dispositivi medici all'interno dell'Unione Europea (UE).
Era troppo poco per soddisfare la domanda, sosteneva. "Facciamo un periodo di grazia più lungo per alcuni prodotti", ha detto. "Altrimenti, i pazienti potrebbero essere colpiti duramente perché alcuni dispositivi potrebbero non essere disponibili.", e aveva ragione col senno di poi.
Perchè siamo in ritardo?
A causa degli interessi sia dei gruppi di pressione dell'industria che da molti Stati membri dell'UE.
La commissione ha invece sviluppato una legislazione UE che ha continuato a fare affidamento su organismi notificati in concorrenza tra loro per rivedere e certificare i dispositivi, ricevendo pagamenti direttamente dai produttori. ( fonte https://www.icij.org/), cosa veramente riprovevole sotto il profilo etico oltre sotto quello economico.
Altro ministro Ue, altra dichiarazione preoccupante:
il ministro della sanità irlandese Simon Harris ha fatto eco alle preoccupazioni sollevate da Spahn in merito alla disponibilità degli organismi notificati. "È importante essere onesti gli uni con gli altri e valutare lo stato di prontezza", ha detto ai suoi omologhi dell'UE. "Un rischio per la sicurezza pubblica altrettanto grande quanto la mancanza di regolamentazione è l'inefficace attuazione delle normative, in cui si potrebbe finire per creare effettivamente l'impressione che qualcosa sia effettivamente reso operativo solo per scoprire in seguito che non lo è."
Altri importanti membri la vedono diversamente: Vytenis Andriukaitis, commissario europeo per la salute, affermando: " 20 organismi notificati sarebbero autorizzati a elaborare le licenze dei dispositivi medici - noti come " marchi CE " - entro la fine del 2019. "Maggio 2020 è una scadenza realistica e realizzabile".
Difficilmente pensare che la scadenza potrà essere rispettata con tutti i rischi di tali lungaggini e il loro impatto sociale, economico e sanitario: "la ricerca e innovazione in Italia, secondo l’ultima rilevazione si attesta a 1,17 miliardi, impiegando il 12% dei 76.400 occupati del settore" ( confindustria).
Le incertezze sull'economia italiana, non ci sono solo ora col coronavirus, ma ci sono da diversi anni a causa di politiche clientelari momentanee legate al consenso spiccio e senza programmazione per il futuro, un rischio per le imprese italiane che cercano sbocchi all'esterio e che sta portando gli stranieri a fare man bassa del meglio del Made in Italy