Galimberti: «Oggi più che mai occorre dare valore a questo strumento, difendendo e garantendo il diritto al lavoro di ogni cittadino» Cinquant’anni fa nasceva la Costituzione reale, che definisce i diritti e i doveri dei lavoratori. Quei lavoratori che la nostra Costituzione, nel suo articolo 1, definisce come il fondamento della Repubblica. Quest’anno, come già accennato per il Primo Maggio, non è un anno da celebrazioni istituzionali. Non basta riguardare “Tempi Moderni” di Chaplin, “Novecento” di Bertolucci, un altro capolavoro con Gian Maria Volonté, oppure “Tutta la vita davanti” di Virzì. Quest’anno non basta emozionarsi ancora davanti al “Quarto Stato” di Pellizza da Volpedo. Quest'anno, nell'anniversario tondo tondo del mezzo secolo dello Statuto dei lavoratori la realtà supera sia la fantasia sia la memoria emotiva e storica. Quest’anno non esistono passioni di parte intorno a questo giorno. Tutti noi, e in particolare chi ha responsabilità amministrative, abbiamo ben presenti le facce e le voci dei tantissimi cittadini che hanno perso il loro lavoro a causa dell'emergenza Covid19; i tanti che sono in cassa integrazione e ancora coloro che, pur avendo riaperto la loro attività, guardano al futuro con tanta paura, tra contagio tutt’ora in corso, timori per la crisi e quelli per la salute. Questo giorno e questi cinquant’anni di storia ci spingono oggi a fare sempre qualcosa in più per difendere e garantire il diritto a un lavoro dignitoso. Una spinta che arriva in un momento in cui quanto stiamo vivendo rischia viceversa di schiacciare la storia e di annebbiare il futuro in nome di un presente incerto. A tutti noi, e a ciascuno nella sua realtà di amministratore, imprenditore, lavoratore, spetta il dovere di tenere accesa la luce. O anche il dovere di inventare piccole nuove luci. Per ravvivare la storia e per far allontanare la nebbia il più possibile.