Fase2 e droghe illegali. Quelli che non devono riaprire…
Firenze, 4 maggio 2020. Un motivo conduttore all’unisono e nella testa, nell’udito e negli occhi di ognuno: riaprire. Via via che passano i Dpcm e le ordinanze, c’è sempre qualcuno che é stato dimenticato ed ecco la loro associazione che ce lo ricorda e più o meno tutti si pongono la domanda “ma perché non erano o non sono già aperti?”.
Stiamo ovviamente parlando delle attività legali. Ma la cosa è talmente parossistica che il Governo e non solo si è posto anche il problema delle attività illegali, il cosiddetto lavoro nero; e si fa sempre più strada (nelle dichiarazioni e nei dibattiti) una sorta di reddito d’emergenza, una “croce rossa” per evitare che oltre ai cadaveri di Covid si debba cominciare anche il conto di quelli per fame.
Ma c’è un mercato che non ha nessun bisogno di riaprire. Non ha mai chiuso. E’ quello delle droghe illegali. Consumate da vagonate di ragazzi e adulti, il loro business non ha bisogno di Dpcm o ordinanze. Anzi... meno ce ne sono o più ce ne sono… questo business è fiorente. Tutt’intorno il mondo soffre per mancanza di bar e ristoranti ed eventi culturali nella socialità, non il mondo delle droghe illegali. Ha un po’ sbandato all’inizio del confino, essenzialmente nelle vendite al dettaglio per strada, ma si è subito riorganizzato. Mentre alla fonte tutto è andato come doveva andare: la domanda all’ingrosso non si è fermata. Al dettaglio: per strada, coi rider insieme alla pizza o senza il camuffamento del cibo, online come e più di prima. Non c’è verso, la domanda è alta e, come non potrebbe essere altrimenti se non fosse stato consentito l’approvvigionamento alimentare durante il confino, il consumatore di queste sostanze ha sempre trovato un canale per
l’acquisto.
Ci sarà per gli spacciatori un reddito d’emergenza? Se sì, sicuramente non perché verranno riconosciuti come disoccupati delle canne o del buco o dello sniffo o della pasticca. Saranno finti disoccupati, perché questi spacciatori il lavoro lo hanno sempre avuto. E non possiamo escludere che l’esercito di questi lavoratori dello spaccio non abbia moltiplicato le reclute in questo periodo. Del resto, per arruolarsi in questo esercito non c’è mica bisogno di attestati, di documenti, di concorsi … sì, non si diventa subito arruolati, ma il meccanismo è sena burocrazia, tempi velocissimi, professionalità riconosciuta sul campo e magari solo con uno sguardo. Piuttosto che non mangiare, o non pagare l’affitto o il mutuo o le bollette, perché non arruolarsi senza che ci sia un’autorità che ti dica sì o no? La componente “delinquenziale” dentro ogni essere umano non è un aspetto secondario dello stesso, è connaturata a se stesso; a maggior ragione se alla
componente DNA si aggiunge la componente necessità.
Queste non sono nostre dissertazioni dettate dal fumo di qualche canna. No. Sono parole che seguono fatti, informazioni, numeri, storie, incontri, narrazioni, osservazioni. In una sola parola: quotidianità.
Di fronte a questo, il nostro legislatore, i nostri governanti a diversi livelli, che fanno? Meno di quello che facevano prima. Cioè dal nulla sono passati al nulla-nulla.
Noi abbiamo sollevato il problema e consigliato un percorso: legalizzazione. Oggi più che mai necessaria. Cioé: nuova legalità, diminuzione dell’illegalità, forze dell’ordine e autorità dedite a cose più importanti, servizio sanitari alleggeriti, nuovo business, nuovi lavori, nuova finanza, nuovi introiti fiscali (1)… tutte cose che, oggi più che mai in periodo di emergenza sanitaria ed economica ed istituzionale, sono utili e potrebbero rappresentare un valore aggiunto di grandi dimensioni (come sta accadendo in Canada e negli Stati Usa dove si è legalizzato).
Non siamo stupiti che la nostra proposta sia caduta nel vuoto. Siamo consapevoli in quel Paese viviamo e non siamo ideologici. Tutti, inclusi coloro che hanno pruriti mentali in materia, si devono però porre una domanda: ne vale la pena? E dovrebbero cercare di rispondere non nell’immediatezza, con le budella dei propri convincimenti, ma facendo dei conti, dei calcoli e, nella nuova economia e nel nuovo ordine che dobbiamo e stiamo costruendo con l’esperienza di questa emergenza sanitaria, guardando a domani, proprio facendo tesoro di quello che abbiamo evidenziato sulla indistruttibilità di questo business illegale (quindi nocivo).
Vincenzo Donvito, presidente Aduc