La disciplina del licenziamento al tempo del coronavirus.
La disciplina del licenziamento al tempo del coronavirus.
Esaminiamo qui di seguito come cambua la disciplina dei licenziamenti durante il periodo di emergenza. Altro caso di estremo interesse riguarda la disciplina e la regolamentazione delle assenze durante il periodo di emergenza, alla quale dedicheremo apposito spazio con un altro alrticolo.
Il decreto legge 18/2020 - c.d. “Cura Italia” ha introdotto una serie di ipotesi in cui al datore di lavoro è impedito di esercitare liberamente il proprio potere di recedere dal rapporto di lavoro. Va notato che la limitazione di tale facoltà viene esercitata proprio nei casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ovvero nelel fattispecie in cui il Legislatore e la Giurisprudenza attribuiscono al datore di lavoro maggior spazio e discrezionalità (pur con dei limiti) nella determinazione di recedere da un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Il primo caso è quello previsto dall’art. 46 del Decreto Legge, che stabilisce un inderogabile divieto di procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, sia esso collettivo o individuale, addirittura indipendentemente dal numero dei dipendenti (deroga quindi anche alla tutela obbligatoria), per tutto il periodo che va dal 17 marzo al 16 maggio 2020 compreso.
Si deve duinque dedurre che, nel caso di licenziamento, quest’ultimo sarebbe da dichiararsi nullo senza alcuna specifica indagine istruttoria, con obbligo quindi di ricostituzione del rapporto lavorativo, a prescindere dalle motivazioni addotte dalla parte datoriale.
Ai sensi dell’art. 3 della legge 604/1966 – si definisce licenziamento per giustificato motivo oggettivo il recesso dettato da “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”, in altre parole il c.d. licenziamento per motivi economici.
Con riguardo ai licenziamenti collettivi, il Decreto Legge ha previsto il blocco totale e senza eccezioni di tutti i procedimenti previsti dall’articolo 4, 5 e 24 della legge 233/1991 (e quelle avviate dopo il 23 febbraio debbono intendersi sospese). Il riferimento è a quelle ipotesi in cui l’imprenditore intenda procedere al licenziamento di almeno 5 dipendenti nell’arco temporale di 120 giorni all’interno della medesima provincia, perché ad esempio al termine di un periodo di integrazione salariare non è in grado di garantire la ripresa dell’attività lavorativa. né di ricorrere a misure alternative; in questi casi è indispensabile darne preventiva informativa alle rappresentanze sindacali aziendali e successivamente avviare una specifica procedura da espletarsi innanzi all’Ufficio Provinciale del lavoro.
Tali procedure, fino al 16 maggio 2020 compreso, non potranno essere avviate per nessun motivo.
L'altra ipotesi specifica è contenuta nel secondo comma dell'art. 47, che recita “[..] fino alla data del 30 aprile 2020, l'assenza dal posto di lavoro da parte di uno dei genitori conviventi di una persona con disabilità non può costituire giusta causa di recesso dal contratto di lavoro ai sensi dell'articolo 2119 del codice civile, a condizione che sia preventivamente comunicata e motivata l'impossibilità di accudire la persona con disabilità a seguito della sospensione delle attività dei Centri di cui al comma 1”.
Ed ancora al comma 6 dell’art. 23 è fatto divieto di licenziamento per i genitori lavoratori dipendenti del settore privato con figli minori, di età compresa tra i 12 e i 16 anni che si astengano dal lavoro nel periodo di sospensione dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado.
Restano invece escluse espressamente, quindi si potrà procedere con il recesso, le seguenti ipotesi:
a) i licenziamenti disciplinari: per giusta causa (con l’eccezione dei cui al comma 6 dell’art. 23 e all’art. 47 comma 2) o per giustificato motivo soggettivo;
b) i licenziamenti dovuti al superamento del periodo di comporto (eccetto il caso in cui la malattia sia dovuta ad infezione da virus Covid-19 che, ai sensi dell’art. 26 del d.l. in esame non può essere computata ai fini del superamento del periodo di comporto);
d) i licenziamenti per inidoneità alla mansione (seppur rientri per definizione nei casi di licenziamento per g.m.o a parere della scrivente non dovrebbe rientrare nella tutela di cui all’art. 46 de d.l. 18/2020 in quanto non dipendente da ragioni economiche).
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