La ripartenza passa dal business plan: carta vincente per fidi bancari
Un documento che dimostri alle banche che possono fidarsi di te e la bontà della tua idea. Marco Massari, il “braccio destro degli imprenditori” spiega come realizzarlo e perché è così importante. Un breve vademecum su come prepararlo.
Se il 2020 è stato l’anno dei lockdown e dei conti in rosso, sono moltissimi gli imprenditori che guardano con positività al 2021, cercando di stilare strategie e buttare giù buone idee per risollevare le sorti della propria attività.
Purtroppo, però, impegno e buoni propositi da soli non sono sufficienti, c’è bisogno di denaro e, dopo un periodo così disastroso, non tutti gli imprenditori possono contare su un flusso di cassa adeguato.
“Tutti i titolari d’azienda sanno quanto sia difficile ottenere soldi dalle banche, soprattutto in un periodo storico come quello che viviamo oggi, ma c’è una carta vincente che possono giocare, per risultare più credibili ed affidabili: il business plan. – Commenta Marco Massari, consulente aziendale e braccio destro degli imprenditori – Si tratta di un documento importantissimo che racconta la tua idea imprenditoriale, evidenziandone la fattibilità, i potenziali guadagni e tutto ciò che può portare il tuo interlocutore a dire ‘Voglio scommettere su questo progetto, ti do i soldi che chiedi’. Ovviamente, però, deve essere redatto in un certo modo, essere realistico ed esaustivo, altrimenti non avete alcuna speranza!”
In sostegno di tutti i titolari di partita IVA, Marco Massari ha stilato un breve vademecum con 5 FAQ che si sente spesso rivolgere da chi chiede il suo aiuto per ottenere un prestito o realizzare un progetto. Questi argomenti sono approfonditi e trattati nel dettaglio nel suo libro “L’impresa di essere imprenditori”, scritto proprio con l’obiettivo di porsi come strumento a sostegno degli imprenditori in quegli argomenti in cui, spesso, presentano lacune ed esprimono più dubbi che certezze.
1. COS’E’ UN BUSINESS PLAN?
È un documento in cui mettere per iscritto i progetti aziendali, traducendo in numeri e lettere le tue idee (che devono essere ben chiare!). Il linguaggio da utilizzare è quello tipico dell’economia aziendale, con un’ottima padronanza della “partita doppia” e dell’analisi di bilancio. Per questo motivo, è bene che venga scritto da qualcuno competente in materia, che sa come impostare l’intero documento. Presentare un business plan incompleto o inesatto è il peggior biglietto da visita, poiché dà un’idea di approssimazione, e certo non convince il tuo interlocutore a darti i soldi.
2. A CHI SERVE?
In primis all’imprenditore stesso, per decidere se attuare i progetti di investimento che ha in mente, valutandone la fattibilità e la redditività. In seguito, tornerà utile come strumento di valutazione, per monitorarne l’andamento ed effettuare tempestivamente le necessarie azioni correttive. In secondo luogo, serve a quei soggetti che, in qualche modo, devono decidere se intervenire nel progetto, ad esempio finanziandolo o sostenendolo in altra maniera.
3. COME DEV’ESSERE COMPOSTO?
Solitamente, un buon business plan presenta due parti, una descrittiva ed una numerica. La prima racconta l’azienda e la sua stabilità, i progetti, i soci con le loro esperienze, l’organizzazione, la tecnologia utilizzata, il mercato di riferimento e le strategie di marketing per il futuro. La seconda, invece, evidenzia gli equilibri aziendali sotto il punto di vista economico, finanziario e patrimoniale. Semplificando al massimo, bisogna dimostrare che l’azienda è e sarà in equilibrio, essendo dunque in grado di realizzare quel determinato progetto, dal quale otterrà un guadagno concreto, riuscendo a rimborsare tempestivamente i finanziamenti.
4. DEVE ESSERE LUNGO?
Assolutamente non è dal numero di pagine che si valuta la bontà del business plan. Scrivere lunghissime dissertazioni su “aria fritta” e tirarla per le lunghe, non ti farà apparire concreto. “Il tempo è denaro” e nessuno ha la possibilità di leggere un business plan di 60 pagine (credetemi, l’ho visto!), a meno che ovviamente non si tratti di un progetto enorme e incredibilmente articolato. Gli investitori privati, spesso, prendono decisioni dopo aver letto una decina di pagine, che, ovviamente, devono essere ben scritte ed estremamente convincenti. Secondo la mia esperienza, una ventina di pagine per le banche sono più che sufficienti, o anche meno, nel caso di progetti più piccoli.
5. UN UNICO BUSINESS PLAN VA BENE PER TUTTI?
Anche stavolta la risposta è “assolutamente no”. Certo, alcune parti possono essere semplicemente ampliate/riassunte o riadattate, ma ogni fruitore ha bisogno di un business plan che approfondisca gli aspetti legati al suo ruolo. L’imprenditore avrà, ad esempio, necessità che le parti numeriche siano particolarmente dettagliate e suddivisibili mensilmente o trimestralmente, a fini di monitoraggio. Le banche andranno a ricercare le informazioni che, normalmente, vengono richieste per istruire una pratica di affidamento, e, dunque, sarà opportuno commentare adeguatamente alcuni aspetti di loro particolare interesse, come gli indici di bilancio, gli equilibri, il cash flow per il rimborso dei debiti finanziari. L’abilità di un redattore di business plan non è da ricercare, dunque, nella “quantità” di pagine prodotte, ma nella loro efficacia, ovvero nella capacità di aiutare l’azienda a r aggiungere il suo scopo.