Le Multinazionali del Terrore

Le Multinazionali del Terrore

Il nostro editore, Giuseppe Criseo intervista uno dei massimi esperti sul terrorismo internazionale, con il quale per la rubrica Sicurezza Nazionale@ del VaresePress@ analizzano alcuni scenari partendo dallo Stato Islamico, il quale sarà pure stato sconfitto militarmente in Siria, come ha detto Donald Trump annunciando il ritiro delle truppe americane, ma il movimento jihadista globale "è vivo e vegeto".

La nostra rubrica che si occupa di analisi d'intelligence in favore della sicurezza nazionale ed internazionale, grazie alla collaborazione di numerosi esperti, tra il nostro esperto di fiducia, ritiene che dopo quasi "un ventennio" di guerre antiterrorismo condotte a livello globale dagli Usa e dai suoi alleati, oggi ci sono nel mondo "quattro volte tanto combattenti jihadisti salafiti" rispetto all'11 settembre 2001.

Il nostro esperto di terrorismo internazionale, Ennio Pietrangeli, ci spiega come, il loro numero è stimato in circa 230mila unità, distribuiti/e in una settantina di Paesi, con la parte del leone che tocca alla Siria, all'Afghanistan e al Pakistan e sorprendentemente all'Italia.

A sottolinearlo è anche Colin Clarke, ricercatore dell'International Centre for Counter-Terrorism dell'Aja (Icct), del Soufan Center e della Rand Corporation, alla quale analisi il nostro esperto si riporta, essendo una 'Prospettiva' sul futuro del terrorismo jihadista pubblicata dal centro olandese, "The Future of the Global Jihadist Movement After the Collapse of the Caliphate".

Lo Stato Islamico, ricorda - Pietrangeli-, controlla oggi solo l'1% del territorio che governava all'apice della sua parabola, nel 2014-15, prima che Washington e Mosca trovassero l'accordo per schiacciarlo militarmente.

Ma anche se il movimento jihadista è oggi "più frazionato e diviso che mai", osserva Clarke, i numeri indicano che gode di buona salute ed è tutt'altro che sconfitto, sta modificando ed integrando la propria strategia.

Basta pensare che l'Aivd, il servizio segreto olandese, arriva alla stessa conclusione in un recente rapporto dedicato alla Siria ("Syria's Legacy"), stimando a 500 il numero dei sostenitori dell'Isis nei Paesi Bassi, cui vanno aggiunte diverse migliaia di simpatizzanti.

Per gli 007 olandesi, malgrado abbia perso il suo Califfato, l'Isis è ben lungi dall'essere definitivamente sconfitto.

L'organizzazione si è trasformata in un movimento clandestino, che si prepara a insorgere, nel tentativo di restaurare il Califfato cui aspira, trasformandolo nel centro nevralgico della nuova multinazionale del terrore.

L'Isis mira tuttora a condurre attacchi in Occidente o a far sì che i suoi sostenitori portino a termine attacchi, in questa ottica alcune nostre fonti, ci confermano che grazie alla joy venture con altri gruppi criminali sul territorio italiano, sfruttando la manovalanza della mafia nigeriana, i "manager" de Isis hanno stretto accordi con gruppi locali e ben radicati nei tessuti urbani, basti pensare al "Lazio", ove han stretto patti con gruppi come i Casamonica, ecc., sodalizi pericolosi che vengono ancora oggi sottovalutati negli ambienti investigativi.

Ora che gli Usa hanno annunciato il loro ritiro militare dalla Siria, lasciando campo libero alla Turchia, suona ancora più significativa l'analisi dell'intelligence olandese, che precede l'annuncio di Trump:

L'Isis ed Al Qaeda - osservano gli agenti olandesi - utilizzano la Turchia come base operativa strategica.

Da qui, pertanto, l'Isis può riprendersi e riorganizzarsi.

In più, continua l'Aivd, l'Isis sfrutta la relativa pace in Turchia per rinvigorire le ambizioni internazionali che tuttora conserva, alla pari di una multinazionale.

Il fatto che gli interessi turchi non corrispondano sempre alle priorità europee nel campo dell'antiterrorismo è un problema:

sebbene i turchi agiscano contro L'Isis e contro al-Qaeda, danno la priorità alla lotta contro il Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan.

Pertanto, in Turchia entrambe le organizzazioni hanno sufficiente spazio e libertà di movimento per sostentarsi.

Negli ultimi vent'anni, il nostro esperto ci ricorda ancora, come anche Clarke, quanto gli analisti hanno ripetutamente previsto, sbagliando, la sconfitta del movimento jihadista:

lo hanno fatto quando gli Usa hanno dichiarato guerra globale al terrorismo, dopo la morte di Osama Bin Laden e ancora dopo la presa di Mosul e di Raqqa.

Tuttavia, spiega, il movimento jihadista è un movimento sociale transnazionale, tenuto insieme dall'idea che la Ummah, la comunità dei fedeli, deve fronteggiare una serie di attacchi dall'Occidente su diversi fronti.

Quindi sia l'Isis che al Qaeda, avverte, potrebbero trarre vantaggi da potenziali shock esogeni al sistema, come un'altra crisi finanziaria globale, che, in un mondo di risorse limitate, impatterebbe direttamente la capacità degli Stati-Nazione di contrastare questi gruppi.

Per Clarke sono "elevate" le probabilità che lo Stato Islamico si ricostituisca, e quasi certamente lo farà in Iraq e in Siria, in aggiunta ad altre potenziali zone.

L'Aivd arriva a una conclusione simile, quando osserva che in Iraq le circostanze locali, che hanno già dato all'Is lo spazio per prosperare, rimangono praticamente invariate.

In definitiva, comunque, secondo Clarke e Pietrangeli, il futuro del movimento jihadista globale probabilmente assomiglierà al suo passato, con gruppi divisi di militanti dispersi in vari campi di battaglia, dal Nordafrica all'Asia Sudorientale.

Pertanto è verosimile che questi paesi si getteranno in guerre civili - continua il nostro Esperto- attente analisi ci dicono, che costruiranno rifugi e santuari, cercando di condurre attacchi spettacolari in Occidente che attraggano nuovi seguaci, seguaci nel frattempo radicati sui territori grazie alle joy venture locali con gruppi criminali, i quali sono l'elemento clou per garantire l'infiltrazione massima, essendo gli stessi interessati solo al core business di riflesso, garantito da questi nuovi sodalizi, con supporti ovviamente di apparati dello stato deviati e collusi.

In questa forma atomizzata ed apparentemente frammentata, l'Isis o meglio il brand che rappresenta, potrebbe diventare ancora più pericoloso.

Nei prossimi cinque anni per l'Aivd, secondo anche le nostre analisi, su 310 persone partite per la Siria ed Iraq dall'inizio del conflitto, in 55 hanno fatto ritorno in Olanda, mentre altre 63 solo in Italia, quindi è facile desumere che potrebbero essere benissimo questi elementi a caratterizzare un'impennata degli attacchi.

Proprio il servizio segreto olandese arriva a queste conclusioni :

la minaccia terrorista jihadista, osservano gli 007 dell'Aja, è diventata una parte della nostra società, sia l'Isis che Al Qaeda, restano fermamente determinati a condurre attacchi in Occidente o a far sì che i loro sostenitori conducano questi attacchi.

Per il nostro esperto, visto anche le medesime conclusioni dell' Avid, è questo il "new normal" nel quale gli europei devono abituarsi a vivere, anche se la realtà italiana resta a tutt'oggi diversa, azzardando che sia più esposta proprio per questi sodalizi criminali internazionali, con connessioni tra Lazio, Calabria, Puglia e Balcani, in particolar modo, come alcune analisi rilevano; pertanto auspichiamo nel lavoro degli apparati di sicurezza e di intelligence, italici, visto l'importanza dei dati in esame.

Intervista di Giuseppe Criseo

Editore di VaresePress Giornale Online

Per la Rubrica

Sicurezza Nazionale@

Ennio Pietrangeli

Security Specialist S.M.

Security Consultant H.S.

International Risk & S.E.

Terrorism Expert

CTU & CTP

Member of the Security Committee M.I

Expert Labor Law Expert - Scholar and Legal Researcher