Badante riceve 780mila euro dal 90enne che curava. Estorsione o aiuto?

In Tribunale a Varese si discute il procedimento a carico di due donne albanesi, imputate di circonvenzione di incapace ai danni di un uomo che la badante accudiva.

Badante riceve 780mila euro dal 90enne che curava. Estorsione o aiuto?

Il fascicolo è stato aperto dopo che, nel 2018, la nipote dell’anziano presentò una denuncia alla Guardia di Finanza di Varese, insospettita dal fatto che il nonno avesse dato alla badante la delega a operare sul suo conto corrente e avesse riscattato una polizza da un milione di euro. 

Il signor Vincenzo, operaio in pensione, è deceduto a 97 anni il giorno prima che iniziasse il processo alla sua badante albanese.

Nel 2011 alla morte della sorella, moglie di un industriale, ricevette in eredità un paio di milioni di euro. Uno di essi lo regalò alla nipote, la medesima donna che si rivolse alla magistratura per far luce sugli strani movimenti del patrimonio del padre di suo papà.

La nipote aveva nel 2015 aveva ottenuto la procura generale a gestire i conti e i beni del nonno.

In aula, durante il dibattimento «Lei non gli ha chiesto spiegazioni?» ha domandato il pm Davide Toscani. «Certo, e lui mi ha risposto "Sono soldi miei, ne faccio quello che voglio. Tu hai già avuto quello che ti spetta"», ha ribattuto la nipote. «Solo dopo la mia denuncia del 2018 ho saputo di quelle donazioni fatte, tra il 2016 e il 2017, alla badante e alla sua nipote, per un totale di 780mila euro», ha continuato l’erede dell’anziano, che si è costituita parte civile con l’avvocato Marco Lacchin.

Donazioni frutto, secondo l’accusa, del progressivo decadimento psichico e cognitivo del pensionato: «Ho visto anche delle effusioni. Lui aveva una sorta di dipendenza da lei. Era convinto che fossero sposati».

Infatti, l'erede accusa la badante albanese di avere circuito il nonno, al punto da farsi donare oltre mezzo milione di euro, a cui vanno aggiunti altri 250mila euro regalati alla nipote della donna.

Accuse che Terezine e Suada - difese dagli avvocati Stefano Bruno e Jenny Cantù - respingono, decise a dimostrare che dietro a quegli atti di liberalità non ci fosse alcun raggiro né costrizione. Come dichiarato in aula anche dalle impiegate del notaio che registrò le donazioni, eseguite da un ultranovantenne ancora lucido e fortemente intenzionato a fare quei regali alla famiglia della donna a cui era molto grato per l’assistenza.

La difesa delle donne si basa sul fatto che l’uomo diede loro consapevolmente le somme di denaro, al fine di aiutare i bisognosi e vennero distribuiti ai parenti delle donne in Albania.

Il processo proseguirà a febbraio con l’esame dei finanzieri, del notaio e del medico dell’anziano.