I molisani ai lombardi: venite da noi, lo chiede la storia longobarda
Ai lombardi intenzionati ad andare in vacanza per la bella stagione, davvero si offre come itinerario ideale il Molise, regione con analoghi rischi in ambito di Covid-19? Ciò che sembrerebbe una boutade, su cui sono intervenuti con ironia tanti commentatori (dal direttore dell’Espresso, Marco Damilano, nel corso del programma “Propaganda Live” fino a Selvaggia Lucarelli), per qualcuno rappresenterebbe invece un’opportunità.
E’ il caso del circolo “Forche Caudine”, storica associazione dell’emigrazione molisana nel mondo, nata nel 1989, con sede centrale a Roma.
Dal sodalizio ricordano, innanzitutto, che le due regioni presentano vincoli determinati dalla forte emigrazione dal Mezzogiorno verso Nord. Sono infatti oltre 15mila i molisani che vivono in Lombardia, quindi più dei 10mila che sono a Roma. E molti di loro non rientrano più da tempo nella regione d’origine. “Un ritorno sarebbe benefico per rinsaldare o ricostruire proficui collegamenti – si legge nella nota di “Forche Caudine” pubblicata sul proprio sito (https://www.forchecaudine.
Ma, al di là dell’aspetto demografico, il sito ricostruisce l’importante legame storico: il periodo longobardo (568-774) ha lasciato segni profondi non solo in Lombardia (dal nome della regione ai tanti complessi monastici fino agli itinerari longobardi che richiamano numerosi turisti), ma anche in Molise, che qualcuno definisce “regione più longobarda d’Italia”.
L’associazione ricorda lo stretto rapporto tra la Lombardia ed il popolo nordeuropeo, evidente sin dal nome della regione e dal fatto che Re Autari (584-590) scelse Milano e Pavia come principali sedi del potere regio, il successore Agilulfo conquistò Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova e la regina Teodolinda, moglie di entrambi i Re, scelse Monza come residenza (dove morì). Non a caso la Lombardia presenta molti itinerari longobardi che richiamano numerosi turisti. Perché la cultura, benché qualcuno pensi il contrario, è sacrosanta anche per le economie locali.
“Tra le ‘chicche’ longobarde in Lombardia – si legge nell’articolo dell’associazione - non si possono tralasciare il complesso monastico di San Salvatore–Santa Giulia a Brescia, oggi sede del ‘Museo della città’, e il castrum di Castelseprio-Torba, in provincia di Varese, che conserva significativi esempi di architettura militare”.
E in Molise? Qui la presenza longobarda – ricordano dall’associazione - è durata più che altrove ed ha lasciato rilevanti tracce: i toponimi di alcuni borghi (compresa Campobasso), castelli e ruderi (Bagnoli del Trigno, Cerro al Volturno, Civita di Bojano, Tufara), edifici religiosi (Santa Maria di Casalpiano a Morrone del Sannio), necropoli (località Morrione e Vicenne nella piana di Bojano), ecc. Presenza che potrebbe essere valorizzata, come offerta turistica unica, con tutto il Sannio, a cominciare dalla chiesa di Santa Sofia a Benevento, inserita dall’Unesco nella lista del patrimonio mondiale dell’umanità.
Insomma, l’inedito legame Lombardia-Molise in una dimensione storico-culturale, più che far sorridere, rappresenta un’opportunità di scoperta. “Ormai come biglietto da visita ci si affida spesso alla gastronomia – concludono dall’associazione. “Il Molise in genere punta sul caciocavallo, ma la Dop del prodotto molisano è calabrese (‘silano’), la moda del ‘caciocavallo impiccato’ è di origine lucana, e spesso i caciocavalli molisani sono fatti con latte proveniente dall’Est Europa, come ha certificato Report. Meglio allora puntare sulla cultura autentica e tangibile, direttamente in loco, lo strumento più idoneo per far conoscere e apprezzare un territorio e alimentare incontri, scoperte, gemellaggi e contaminazioni culturali”.