Il bambino cade nel parco giochi e si fa male? Il Comune deve risarcirlo sempre se il danno era “inevitabile”. Non occorre la dimostrazione dell’insidia dello scivolo ossia che sia un pericolo non visibile e prevedibile. L’ente locale deve provare che l’evento era evitabile con l’ordinaria diligenza Non sempre i parchi giochi comunali sono “sicuri”, nel vero senso della parola. Accade sovente, infatti, che i bambini si facciano male non a causa di loro gesti, ma per fatti dipendenti dai giochi ivi installati. In questi casi e quindi quando i danni riportati siano dipendenti da questi manufatti, il proprietario o gestore del parco giochi, che sia il Comune o qualsiasi altro soggetto custode, deve rispondere sempre dei danni patiti dai fanciulli. A precisare questo principio, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, è stata l’ordinanza n. 7578 della Corte di cassazione, pubblicata il 27 marzo 2020 dalla terza sezione civile, secondo cui non è necessario che sia provata l’insidia dello scivolo, ossia che vi sia un pericolo non visibile e prevedibile. Ma è l’ente locale che deve dimostrare che il danno era evitabile secondo le regole dell’ordinaria diligenza. Nella fattispecie, infatti, i giudici di legittimità hanno accolto il ricorso dei genitori di un ragazzino che quando aveva nove anni, cadendo dallo scivolo, si era provocato la frattura dell’omero - per quanto evidenziato da mamma e papà - a causa di un difetto di una pedana. Per gli ermellini dev’essere cassata la sentenza della Corte d’Appello di Milano perché ha errato nel ritenere il Comune non responsabile. Ricordano a tal proposito i giudici di Piazza Cavour che la responsabilità da cose in custodia non richiede che quest’ultima costituisca un’insidia, ossia un pericolo non visibile e prevedibile, attenendo semmai questo aspetto alla evitabilità del danno da parte del danneggiato. Invero, la responsabilità da cose in custodia presuppone soltanto che il danno sia avvenuto per il dinamismo di una cosa che era soggetta al controllo del convenuto, spettando a quest’ultimo la prova che il danno era evitabile dal danneggiato usando l'ordinaria diligenza, ossia la prova che la cosa presentasse una insidia visibile ed evitabile dal danneggiato.