Sociale, politica e comunità. Intervista a Luca Folegani, autore di "Generazione '90"

"Tutti sogniamo di cambiare il mondo". Una chiacchierata su un'esperienza non comune al giorno d'oggi

Sociale, politica e comunità. Intervista a Luca Folegani, autore di "Generazione '90"

Abbiamo raggiunto Luca Folegani per parlare con lui del suo primo libro “Generazione '90 – non avremo fatto la rivoluzione ma ci siamo divertiti”, da cui esce una visione dell'attività politica come un servizio per gli altri e non come un modo per raggiungere una posizione.

Un concetto che oggi come oggi difficilmente si riesce a comprendere.

 

Luca Folegani, classe 1990 (ecco il perché della “Generazione '90” nel titolo), avvocato con studi a Legnano, Busto Arsizio e Roma è da tanti anni attivo nel sociale e in politica e ora ha lanciato il suo primo libro.

Un testo non comune che fa suscitare una certa curiosità.

 

Da dove nasce l'esigenza di scrivere un libro così?

Nasce da un periodo di “crisi interiore” nel 2019. Volevo smettere di far politica già a 29 anni, quando la maggior parte delle persone a quell’età nemmeno inizia anche solo a interessarsi. In quei giorni pensavo che comunque anche se avessi smesso, i miei anni di militanza mi avevano ormai insegnato tanto e ho deciso di fare un bilancio di quello che ho realizzato e imparato. Beh, mi sono reso conto di aver vissuto tante esperienze che nel bene o nel male mi hanno arricchito. E così ho voluto raccontarle.

 

Hai chiuso con la politica?

Se è una cosa che ti nasce da dentro, non riesci a smettere, in un modo o nell'altro, di fare politica...

 

Il titolo è particolare. “Non avremo fatto la rivoluzione ma ci siamo divertiti”

Da adolescenti tutti sogniamo di cambiare il mondo. Poi è ovvio che non è facile e non sempre le ambizioni vengono ripagate. Ma le esperienze di militanza aiutano a crescere e maturare e permette di portare con sé tanti ricordi insieme ai mie compagni di viaggio.

 

Come ti sei avvicinato alla politica?

Grazie alle elezioni del consiglio di istituto al liceo Crespi nel 2007. Poi da lì sono entrato in un vortice da cui non credo riuscirò mai ad uscire che mi ha accompagnato nel percorso di studi, lavorativo ed oggi nella mia quotidianità.

 

Dal libro, tra le altre cose, emerge un tema molto interessante: il legame con la dimensione naturale, racconti di escursioni e della scoperta del territorio.

Il punto di partenza per fare politica è amare il proprio territorio. Tu ami il tuo territorio a tal punto da volerti impegnare per migliorarlo e renderlo invidiabile da tutti. Quindi se per amare una persona devi prima conoscerla al meglio, così è anche per il territorio. Poi per quanto riguarda le escursioni sono più un’esperienza di tipo comunitario, si crea un legame indissolubile con gli altri e con la natura.

 

Se dovessi convincere un ragazzo di oggi ad avvicinarsi alla politica, cosa gli diresti?

Gli chiederei prima di tutto se gli piace la sua città e se ne è davvero innamorato. Poi gli chiederei cosa non gli piace. Ed infine gli direi: “impegnati per cambiare ciò che non ti piace”.

 

Sei anche impegnato nel sociale

Si, faccio parte di diverse associazioni di beneficenza. In particolare di Comunità Giovanile, da 30 anni attenta alle tematiche sociali. Poi negli anni ho fondato l’associazione Passaparola.

 

 

Quindi sociale e politica possono convivere insieme?

Sono due rette parallele che però spesso si riescono a incontrare.

L’impegno sociale è diverso da quello politico, però se mi impegno nel sociale lo faccio in un'ottica di bene comune e per il bene della comunità. Che sono gli stessi presupposti per cui ci si impegna in politica.

 

Non pensi sia un obiettivo un po' difficile da raggiungere o anche solo da trasmettere?

Anche perché alcuni episodi di cronaca non offrono un'immagine molto edificante della politica...

È proprio questo il punto. Finché la politica è fatta di chiacchiere da bar sarà difficile trasmettere la politica del servizio. Quando si inizierà a concepire la politica come servizio per la comunità potremo finalmente iniziare a vincere lo scetticismo che si è creato negli ultimi anni e ad avere un’immagine diversa del politico. Ci tengo poi a precisare che la politica deve essere passione e non può mai diventare un lavoro. La rovina dell’Italia sono stati i politici di professione quindi prima di far politica è necessario avere un proprio lavoro.

 

Secondo te cosa non funziona oggi?

Una delle cose che non funzionano è il fatto che la gente si tessera ai partiti come se stesse comprando qualcosa su Amazon e che spesso alcuni militanti dei partiti sembra si stiano battendo per delle tifoserie e non per degli ideali. Bisogna iniziare a guardare la politica con occhio più critico e soprattutto capire che è l’uomo che fa il politico, non è il partito a fare l'uomo.

 

Guardando al nostro “piccolo”, cosa pensi possa servire a livello locale per migliorarsi e per migliorare il proprio comune?

Prima di tutto bisogna educare la cittadinanza al servizio. Prima di iniziare a far politica “istituzionale” bisognerebbe partire dal basso, anche pulendo i cessi della propria sezione se necessario; così da imparare lo spirito del servizio, dell’impegno e della costanza. Solo dopo ci si può iniziare a mettere in gioco candidandosi nel proprio comune o promuovendo iniziative per la propria comunità.