Terrorismo, clonazione e remake. Un legame sempre più indissolubile

Il legame che si è creato nel tempo tra clonazione, terrorismo e remake è sempre più forte. Dagli anni Novanta del secolo scorso si è incominciata a notare una sempre più importante correlazione tra questi tre termini.

Terrorismo, clonazione e remake. Un legame sempre più indissolubile

In questi anni il mondo, che assiste alle due Guerre del Golfo e a uno degli eventi storici più scioccanti del nuovo Millennio, sta partecipando a un altro cambiamento importante. Un cambiamento culturale, artistico e soprattutto cinematografico. Cambiamento legato al prepotente dilagare d’immagini inerenti al terrorismo e ai terroristi, visti come individui identici uno all’altro. 

Dalla fine degli anni Novanta ci si risveglia in un mondo nel quale la parola regina è terrorismo. Ci si risveglia in un mondo in cui la parola individualismo lascia spazio alla parola collettività. In un mondo che reagisce al diffondersi delle immagini di terroristi tutti uguali, indistinguibili fra di loro, cloni, facendo nascere una moda che prenderà sempre più piede nel nuovo millennio. La moda del remake.

Nel 2016 ho analizzato questo fenomeno nella tesi di laurea triennale intitolata “Funny clones. Il gioco dell’identico nel film Funny Games di Michael Haneke”. Questa analisi merita però una revisione. Il mondo occidentale e la sua arte cinematografica nel frattempo sono andati avanti, seppur sempre accompagnati da questa moda del remake. L’istinto di girare rifacimenti di film già esistenti non si è esaurito, si è evoluto. Anche se la trama viene leggermente cambiata, il gioco del clonare un’opera è sempre più presente. Ne sono la prova film degli ultimi anni quali Jumanji, Baywatch, Suspiria, ma anche gli innumerevoli live action della Disney. Da Il Re Leone ad Aladdin, da La Bella e la Bestia a Mulan. Cambiano parti della storia, cambiano i personaggi, vengono definiti tributi e non veri e propri remake, ma la sostanza di base è la stessa.

Come mai questa avanzata del remake, del rifacimento, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso? Qual è la correlazione fra storia contemporanea e remake cinematografico? Cosa è cambiato negli ultimi anni? Negli studi del 2016 elaboro l’idea che gli anni in cui si assiste all’accelerata del fenomeno del remake, sono anche gli anni del terrore diffuso. Gli anni in cui incomincia a diffondersi la parola terrorismo nella società occidentale. Gli anni in cui si assiste allo scoppio e alla fine delle due Guerre del Golfo (1990-1991; 2003- 2011) e all’attentato al World Trade Center dell’11 settembre del 2001.

Sono gli anni in cui il mondo occidentale si risveglia in un mondo pervaso dal terrore. In cui i termini terrorismo e terrorista incominciano a incarnare l’idea che resiste e che conosciamo tutt’ora. Il terrorista diventa il terrorista senza faccia o dalla faccia coperta. Indistinguibile rispetto a tutto il resto della popolazione. Il terrorista che è clone, che è identico a tutti gli altri. Non a caso il Presidente Statunitense che in questi anni inizia la “guerra al terrorismo” è lo stesso che in parallelo porta avanti la sua “guerra alla clonazione” - pratica che si stava sempre di più sviluppando Negli Stati Uniti d’America. 

In questo contesto - pregno di paura verso il terrorismo, verso l’identico - prende piede la pratica del remake cinematografico. Una pratica artistica che fa della clonazione, del riprendere un oggetto già esistente e riprodurlo in modo quasi indistinguibile, la sua base. L’associazione tra terrore, terrorismo, clonazione, arte, mass media e cinema è stata analizzata da William J. T. Mitchel nel suo libro Cloning Terror del 2012. Lo studioso infatti afferma che “le immagini del terrorismo e della clonazione avevano cominciato a fondersi nella fantasia popolare […] Una semplice ricerca di immagini su Google per “cloni” e “terroristi”, infine, restituiva invariabilmente uno schieramento omogeneo di guerrieri anonimi e senza volto”. 

Se è vero che l’arte e il cinema rispecchiano la realtà dei tempi, questo è vero soprattutto per gli anni di cui si sta parlando. Il cinema e in particolare la pratica del remake rappresentano il clone, il terrorista – clone, identico al suo predecessore, dal quale non si distingue se non in alcuni particolari. Di questi anni sono, infatti, i remake più noti come King Kong del 2005 diretto da Peter Jackson, Psycho diretto da Gus Van Sant o il clamoroso Remake shot – by – shot di Michael Haneke, Funny Games. 

La società di fine Novecento e d’inizio Millennio è pervasa dall’inquietudine e dalla paura del terrorismo e del terrorista-clone indistinguibile. Per questo motivo il cinema riprende quelle paure e le ripropone sul grande schermo creando anch’esso dei cloni di film preesistenti. Il cinema, come tutta l’arte, rispecchia la società in cui nasce. Ripropone temi quali clonazione e terrorismo perché la società ne è invasa. Cosa è cambiato dagli anni Novanta e dai primi anni Duemila a oggi? Quasi  nulla. La società è mutata, i temi cari a essa sono più o meno diversi, ma quelli qui analizzati sono rimasti. 

Nell’ultimo decennio la parola terrorismo ha preso sempre più piede nei discorsi di tutti. Il terrorista è sempre quella persona, quel clone uguale a tutti gli altri e indistinguibile dalla massa. Il terrorista è diventato, inoltre, nell’ultimo anno, quel virus che è tra noi, che si nasconde, che è invisibile.

Per questi motivi nell’ultimo decennio si è assistito a un’accelerata di questa pratica cinematografica. Non solo remake shot – by – shot di film precedenti e remake di grandi classici. Si assiste a rifacimenti – live action di cartoni animati famosi, a remake di film per bambini e adolescenti, di serie tv e fiction. Chissà che nell'odierna nuova situazione legata al Covid-19, questa pratica non subirà un’ulteriore spinta in futuro.

Linda Lapersi