Il nuovo Dpcm discrimina il settore dei congressi e degli eventi
Il Dpcm appena firmato con le restrizioni anti-Covid conferma ancora una volta la mancanza di attenzione del Governo nei confronti di un settore che ha un impatto diretto sul Pil di 36,2 miliardi e che è in sostanziale lockdown da un anno.
Teatri e cinema aperti e sale e spazi per congressi ed eventi ancora chiusi. È questa la grave e incomprensibile incongruenza del Dpcm appena firmato dal Presidente del Consiglio Mario Draghi. Ancora una volta il settore dei congressi, dei convegni e degli eventi aziendali e privati sembra non rientrare tra le priorità del Governo per portare il Paese verso una nuova normalità.
Un grave e incomprensibile errore di visione che sta bruciando un settore che genera un volume di affari di 65,5 miliardi per un impatto diretto sul Pil di 36,2 miliardi e che dà lavoro a oltre 570.000 persone, la maggior parte donne.
La denuncia arriva da #Italialive, il manifesto che riunisce le associazioni del comparto: ADMEI-Association of Destination Management Executives International, Alleanza Cooperative Italiane (Cultura, Turismo, Comunicazione), AIIC-Associazione Internazionale Interpreti di Conferenza in Italia, ANBC-Associazione Nazionale Banqueting e Catering, Club degli Eventi e della Live Communication, CBI-Convention Bureau Italia, Federcongressi&eventi, FEU-Filiera degli Eventi Unita, FERPI-Federazione Relazioni Pubbliche Italiana, ICCA Italian Committee, MPI-Meeting Professionals International Italia Chapter, SITE-Society for Incentive Travel Excellence - Italy Chapter e UNA-Aziende della Comunicazione Unite.
“Il nuovo Dpcm autorizza la riapertura dei teatri e dei cinema anche nelle zone gialle, pur con le dovute misure anti-contagio, e mette invece ancora lo stop a congressi ed eventi, persino nelle zone bianche. Siamo di fronte a una vera e propria discriminazione, che non ci vedrà stare in silenzio”, commenta Salvatore Sagone, presidente del Club degli eventi e della Live Communication e portavoce nei rapporti con i media di #Italialive.
“Associare ancora una volta il termine ‘assembramenti’ a congressi, convegni ed eventi dimostra la mancata conoscenza del modus operandi e della professionalità del nostro settore. Parliamo di eventi statici, dove ogni partecipante è preventivamente registrato e dove fior fiore di professionisti adotta misure di sicurezza che vanno ben oltre quelle previste dal Dpcm per l’apertura di teatri e cinema”.
“Siamo perfettamente consapevoli dell’impegno e delle difficoltà del Governo nel gestire una situazione sanitaria in divenire ma siamo davvero esasperati”, aggiunge Alessandra Albarelli, presidente di Federcongressi&eventi e portavoce dei rapporti istituzionali e politici di #Italialive.
“Nonostante i positivi confronti con i rappresentanti del nuovo Governo ecco che un nuovo Dpcm sembra farsi beffe di migliaia di imprese e professionisti che da un anno sono sostanzialmente fermi e senza lavoro. Permetterci di riaprire, pur con limitazioni numeriche, sarebbe stato un segnale di attenzione che non ci avrebbe certo permesso di ripartire ma che avrebbe dato un messaggio di speranza a un settore che rischia il default e che non ha ancora ricevuto i sostegni promessi. Siamo sconcertati nel constatare quanto l’Italia sia il Paese che, nell’emergenza Covid19, non stia dando pressoch& eacute; alcun supporto a un settore fondamentale per la promozione del made in Italy, per la ripresa del turismo, per lo sviluppo di innovazione e per la formazione del personale sanitario, mai come oggi urgente e indispensabile”.
Per impedire il fallimento delle imprese e il conseguente licenziamento di migliaia di lavoratori l’industria dei congressi e degli eventi aziendali e privati ha urgente bisogno di: ristori a fondo perduto per le imprese e i liberi professionisti della filiera con criteri di accesso che non considerino i codici Ateco ma il criterio della perdita del fatturato e ammortizzatori sociali estesi almeno sino al 30 settembre 2021.
In merito ai ristori, è fondamentale il superamento del limite di 5 mln di euro di fatturato che esclude gran parte delle aziende a maggior densità di lavoro (occupazione) e a maggiore capacità di indotto (ricaduta positiva sulla catena dei fornitori).