Lavoro, Smart working promosso dal 97?lle imprese italiane
Si è passati dal 39% pre-Covid-19 al 97% in piena pandemia: questa la percentuale delle aziende che si sono convertite allo smart working, con l’80% di esse impegnato a coinvolgere nella nuova modalità operativa oltre la metà dei lavoratori.
Da modalità poco conosciuta e poco utilizzata, oggi lo smart working è parte della realtà lavorativa traducibile in 4 milioni di lavoratori ad aprile 2020 che, secondo previsioni Istat, potrebbero raddoppiare nel corso del 2021, raggiungendo il 35,7% delle persone impegnate in professioni che lo consentirebbero.
Non basta un anno di prova per radicare una modalità di lavoro che cambia volto allo scenario operativo, ma le aziende rivelano, per il momento, di gradire e di adoperarsi per farla funzionare.
Restano comunque delle zone d’ombra, soprattutto tecniche come quelle esposte in questo articolo, che possono rappresentare l’ago della bilancia per capire se lo smart working funziona davvero, in termini di resa, ma anche di soddisfazioni dei lavoratori.
Fondirigenti, fondo interprofessionale per la formazione continua dei dirigenti promosso da Confindustria e Federmanager si è interrogata su questa questione, analizzando il prima e dopo dello scenario dello smart working nel paese.
La survey ha coinvolto complessivamente 12mila contatti presenti nel database del fondo, in larga parte provenienti da imprese con caratteristiche dimensionali e di localizzazione idonee a rappresentare la ripartizione degli aderenti al Fondo.
Lo smart working prima del Covid
L’indagine ha registrato una relativa maggiore sensibilità di partenza nell’utilizzo dello smart working, da parte delle imprese del centro nord e di media grande dimensione, rispetto alle aziende del sud e le piccole medie imprese.
Prima del Covid-19, in media, le aziende che avevano attivato lo smart working erano il 39% al nord, per il 42% al centro e il 36% al sud.
Quasi un lavoratore su tre in Italia era interessato da modalità di lavoro smart, con una maggiore frequenza nel centro Italia, anche a fronte delle peculiarità del tessuto produttivo di quest’area, più vocato ai servizi. Poco meno di due sono il numero di giorni medi lavorati in modalità smart.
Quanto alla dimensione aziendale, le Pmi risultavano lievemente più flessibili delle grandi imprese nell’adozione dello smart working.
Secondo il sondaggio, a fronte dell’emergenza sanitaria, la reazione delle imprese italiane è stata pronta. Oltre il 97% dei rispondenti ha fronteggiato la nuova situazione con l’attivazione dello smart working.
Quasi l’80% delle aziende lo ha fatto coinvolgendo nella nuova modalità di lavoro oltre la metà dei lavoratori in forza. In media, non si sono osservate particolari differenze o difficoltà tra lavoratori di diverse funzioni aziendali o fasce di età nell’adattarsi al lavoro da casa. L’emergenza sanitaria è stata la ragione principale che ha spinto molte aziende ad attivare questa metodologia di lavoro, anche se non mancano altre motivazioni come i benefit per il lavoratore e le esigenze produttive dell’impresa.
Cosa serve per fare smart working
Per l’avvio dello smart working le imprese hanno dato la priorità alla messa a disposizione dei collaboratori di adeguate dotazioni tecnologiche (77% – in prevalenza computer, telefono e connessione alla rete) e ad attivare una modalità di organizzazione del lavoro per obiettivi (47%).
Questo dato fa pensare che le aziende stanno già sviluppando dei modelli organizzativi orientati al raggiungimento di risultati tangibili (sia qualitativi che quantitativi) da parte dei lavoratori. Una nuova cultura aziendale fondata sulla fiducia invece che sul controllo, sulla responsabilità invece che sulla gerarchia, sulla flessibilità invece che sulla rigidità e sulla collaborazione invece che sulla competizione. Tra le azioni meno frequenti, l’implementazione di un sistema di monitoraggio delle attività svolte a distanza (16%) e l’avvio di corsi di formazione specifici sullo smart working (13%).
Queste attività sono state gestite prevalentemente in autonomia, con risorse interne all’azienda (77%). Meno frequente il ricorso a consulenti esterni/fornitori, al gruppo di appartenenza o alle associazioni di rappresentanza.
Quanto piace lo smart working
L’indagine ha registrato un generalizzato, alto livello di apprezzamento per lo smart working dal punto di vista dei lavoratori: maggiore tra chi era già abituato a questa modalità prima del Covid 19 rispetto a chi è in smart working solo da qualche settimana.
La percentuale di lavoro attualmente svolto in modalità smart è in media del 46% del totale delle ore lavorate, ma le aziende ritengono di poter ulteriormente aumentarne l’utilizzo fino al 59%.
Ad oggi, in media, le aziende rispondenti alla survey si sentono pronte ad attivare contemporaneamente lo smart working per circa metà del proprio personale.